Programma:
L’interpolazione creatrice della mano dell’interprete e l’invenzione del musicista al live electronics in questo concerto formano un’unità, si integrano, diventano condizione essenziale per il pensiero e l’esecuzione musicale.
Ludwig van di Mauricio Kagel non stimola solo un esercizio di memoria ma invita ad una evasione onirica tra passato e presente: frammenti beethoveniani sono presentati come fosse l’occhio dello stesso Beethoven ad indagare, quasi avvalendosi di una telecamera, negli anfratti segreti della propria musica. Una vera e propria cosmogonia beethoveniana deve essere creata dagli interpreti per affermare la necessità che la musica del passato sia presentata come musica d’oggi, come il contributo di Beethoven alla musica della nostra epoca.
La medesima linea di continuità pervade il contributo schumanniano alla musica di Stefano Gervasoni in Altra voce. Un dispositivo elettronico “invisibile” che consente di amplificare un segnale audio usando la cassa armonica dello strumento, consente di ascoltare la melodia di Abendlied (canto della sera), trasformata in vento dal mezzo elettronico. Una vera propria Innere Stimme (voce interiore), inseguendo l’ossessione schumanniana, viene composta da Stefano Gervasoni in Fiori soli rossi: ecco che il meraviglioso quarto numero delle Waldswehnen (Scene del bosco) diventa la linea di accompagnamento di un Lied. Infine nell’ultimo brano il pianista esegue integralmente il corale del primo dei Gesänge der Frühe (Canti dell’alba), mentre l’elettronica ne prolunga impercettibilmente alcune note fino allo stretto finale.
Mentre Kagel e Gervasoni ci invitano a liberare la nostra inventiva di musicisti intrattenendo un dialogo con la musica del passato, Luigi Nono ci riporta a concentrarci sulla complessa natura del suono pianistico e a sfruttarne tutte le sofisticate potenzialità di strumento a percussione. Gli echi multiformi delle campane delle chiese veneziane (più di 150), lo sciabordio incessante dell’acqua lagunare, i segni sonori dell’operosità umana che si integrano nell’acustica naturale della città di Venezia; elementi che avvolgono … sofferte onde serene … nel grande mistero del destino dell’uomo.
Ancora l’ossessiva concentrazione all’ascolto, memore dello straziante periodo che Robert Schumann trascorse nella clinica di Endenich, appare in Aitsi, di Giacinto Scelsi: un unico suono di pianoforte, attorno al quale si agglomerano cluster sempre cangianti in estensione e numero di altezze, quasi ad esplorare le grandi possibilità espressive prodotte dal continuum simultaneo delle altezze che si modifica fino a conquistare la “purezza” della sola nota “Fa”.
Anche Traiettoria deviata di Marco Stroppa si integra in questo percorso di ricerca sulla memoria musicale, e affronta un'esplorazione strutturata di alcuni gesti sonori idiomatici del pianismo di tradizione romantica, presentati come figure parlanti all’inizio del brano ed espansi oltre i loro limiti fisici mediante l’esplorazione dei suoni elettronici, la linfa musicale che gli consentì di ampliare e completare il percorso compositivo. Da un punto di vista esecutivo questo brano è altamente virtuosistico sia per il pianista che per l'elettronica e soprattutto per il lavoro di insieme teso a rendere naturale e musicale l'intersezione dei due mondi sonori.
Ne La vergine ispirata di Sylvano Bussotti, inserita nel programma per ricordare il grande compositore recentemente scomparso, domina in maniera analoga l’intersezione dei suoni, in questo caso di molteplici tastiere. Bussotti ha scritto una partitura di una singola grande pagina provvista di dodici pentagrammi, «ciascuno dei quali non durerà meno di un minuto, che si possono eseguire separatamente uno per volta ma che preferibilmente dovrebbero sommarsi l’un l’altro, perlomeno accoppiati secondo la disposizione classica delle due mani e anche più». Nella versione qui proposta, i pentagrammi suonati dal vivo sul pianoforte si intersecano con altri di natura elettroacustica a formare il fittissimo e complesso reticolo di note che traspare dalla partitura, e che si irradiano nello spazio per avvolgere il pubblico e renderlo parte attiva di questa rete di pentagrammi.
Aldo Orvieto studia al Conservatorio di Venezia: per la sua formazione musicale deve molto ad A. Ciccolini.. Ha inciso più di settanta dischi per ASV, Black Box, Cpo, Mode, Naxos, Winter & Winter, Kairos, Dynamic, Stradivarius, Ricordi, Nuova Fonit Cetra; registrato produzioni e concerti per le principali radio europee tra cui: BBC, RAI, Radio France, le principali radio tedesche e svizzere, la Radio Belga, la Radio Svedese. Ha suonato e registrato come solista con molte orchestre tra le quali la OSNR, La Fenice di Venezia, Comunale di Bologna, Arena di Verona, l’ORT di Firenze, l’Ensemble 2e2m di Parigi. Ha partecipato a centinaia di prime esecuzioni assolute e gli sono state dedicate nuove composizioni da Ambrosini, Clementi, Corghi, De Pablo, Gervasoni, Francesconi, Guarnieri, Nieder, Solbiati e Sciarrino; ha ricevuto lusinghieri consensi da alcuni dei più grandi compositori del nostro tempo tra cui Nono, Petrassi e Kagel. Matthew Connolly sul Times gli riconosce una maestria impressionante: “non dimenticherò il modo in cui Orvieto volgeva gli occhi per scrutare fin dentro l’inchiostro nero della partitura”.
Alvise Vidolin, figura storica della regia del suono e del live electronics. Dopo aver compiuto i suoi primi studi scientifici e musicali a Padova, nel 1975 diviene docente di Musica Elettronica al Conservatorio "Benedetto Marcello" di Venezia, incarico che ricoprirà fino al 2009.
Ha curato la realizzazione elettronica e la regia del suono di molte opere, collaborando con compositori quali Ambrosini, Battistelli, Berio, Clementi, Donatoni, Guarnieri, Nono, Sciarrino, per esecuzioni in teatri e in festival internazionali.
Collabora dal 1974 con il CSC dell’Università di Padova, svolgendo attività didattica, di ricerca, di produzione musicale ed è tuttora membro del direttivo. Co-fondatore dell’Associazione di Informatica Musicale Italiana (AIMI) ne ha assunto la presidenza nel triennio 1988-1990. Dal 1977 ha collaborato in varie occasioni con la Biennale di Venezia; è inoltre membro del comitato scientifico dell’Archivio Luigi Nono, socio corrispondente dell’Istituto Veneto di Scienze Lettere e Arti, e docente di live electronicsalla Summer Academy dell' Accademia Musicale Chigiana.
Grande fantasia zoologica di Camille Saint-Saëns (1835-1921) per orchestra da camera con due pianoforti, in occasione del centenario della morte dell’autore. Opera eseguita postuma (26 febbraio 1922) per volontà del compositore per i toni umoristici e canzonatori nei confronti dei pianisti e dei musicisti dell’epoca.
Con la straordinaria partecipazione di Pasquale Iannone e Leonardo Colafelice, pianoforti, e del duo comico I Papu. Copione inedito dei Papu su commissione di Piano City Pordenone.